La storia continua

Da Scala partirono le prime monache su invito di S. Alfonso per fondare un monastero nella città episcopale di Sant’Agata dei Goti (Bn).
Il nostro Monastero, scampato dalle Leggi Eversive poté accogliere il 7 settembre 1811, le rimanenti religiose del Monastero delle Benedettine di S. Cataldo in Scala; il quale anche a causa della estrema povertà e ristrettezza, fu costretto a chiudere. Le Benedettine portarono con sé vari scritti che vennero trasportati all’archivio delle redentoriste e anche molta della sacra suppellettile della loro chiesa e tra cui la statua miracolosa della Madonna del Rosario (sono ancora visibili i segni del miracolo dei fulmini che attirò nei suoi occhi a salvezza del monastero delle Benedettine). La statua che venne esposta solennemente nella chiesa del monastero nel giugno 1890, è tuttora venerata nell’atrio della Chiesa.
Il reverendo Don Lorenzo della Mura, nel lontano 1633, donando i suoi beni patrimoniali pensava appena ad una istituzione municipale, idonea per una cerchia ristretta di fanciulle scalesi. La provvidenza al contrario si servì di quell’angolo di terra per far germogliare, dopo l’esperienza visitandina, l’Ordine claustrale del SS. Redentore: uno degli ultimi Ordini femminili riconosciuti dalla Santa Sede.
Nell’anno 1805 entrò nel Monastero una nobile giovanetta di Amalfi, Giuseppa Gambardella. Diventata suora col nome M. Serafina del Paradiso, essa rivestì l’ufficio di Superiora e Maestra per quasi tutto il tempo che visse, portò alla ridotta comunità un nuova fioritura, col suo zelo ardente attirò nel monastero 22 educande ed ebbe la gioia di vedere molte di esse (14) religiose professe, di vita esemplarissima. Alla santa superiora, preoccupata per la sorte del monastero, apparve la Vergine Immacolata che la rassicurò dicendole che il monastero non sarebbe mai stato distrutto e malgrado le vicissitudini, esso sarebbe restato sempre in vita. I fatti ne hanno dato conferma fino ad oggi! Di Sr M. Serafina morta in concetto di santità, conserviamo nella sala comunitaria un ritratto, dipinto su tela.
Nel 1855, a Scala arrivò un’eco dei festeggiamenti tenuti a Foggia, del primo centenario della morte della Fondatrice. La Superiora, Sr M. Alfonsa della Volontà di Dio (Marianna Anastasio), chiese alla Superiora di Foggia, Sr M. Teresa Spinelli, notizie sulla vita e morte di Madre M. Celeste. Con le notizie ricevette anche un’immagine con la reliquia che collocò al coro, ponendo le suore sotto la protezione della Venerabile, dichiarandole sue figlie.
Nel 1860, in seguito all’unificazione italiana e alle Leggi di soppressione degli Istituti Religiosi, il Demanio Pubblico, incamerò la maggior parte dei beni ecclesiastici. Tutto questo cambiò anche le sorti del Monastero che fu dato a censo al Municipio di Scala; perdendo le rendite e i fondi, e con l’impedimento di ricevere nuove candidate si cadde nella povertà e disagio.
Nell’ottobre del 1895 Mons. Enrico Dominicis, ordinario del luogo, nella Visita canonica trovò nel Monastero poche suore, 5 in tutto: Sr M. Immacolata Camera, Superiora, Sr M. Redenta de Cesare; 3 converse e una educanda, Raffaela Mansi. La tenacia, l’intelligenza e la santità di questa Superiora che sosteneva spiritualmente e materialmente la Comunità, riuscì a salvare il monastero dalla soppressione. Ella proveniva da una nobile famiglia di Amalfi, da dove faceva venire cibo e aiuti. Persino ai briganti che, dall’altura della Punta dell’Aglio (collina dietro il monastero), chiedevano aiuto, la Santa Superiora rispondeva con carità mandando loro da mangiare. Nel corridoio superiore che appunto si chiama “Corridoio Immacolata”, si racconta che ella ebbe la visione della Madonna che le disse: «Figlie mie, tutte sante, tutte sante! ».La confidenza e l’amore per la Madonna le ottennero miracoli, profezie e … dispetti dal diavolo: sotto forma di un grosso cane l’addentò lasciandole due ferite sul braccio, conserviamo in archivio il documento firmato da 2 dottori che attestano la presenza di queste cicatrici sul braccio.